Addio TASI, ma per chi?
Addio TASI, ma per chi?
La Tasi, l’imposta meno amata dagli italiani, verrà abolita dal 2016, insieme all’Imu sull’abitazione principale (per le case di lusso), quella agricola e sui macchinari ‘saldati’ al suolo. La Tassa sui servizi indivisibili dei Comuni porta nelle casse dello Stato 3,5 miliardi di euro, lo 0,21% del Pil, ma che di fatto per le fasce più deboli della popolazione, pari al 31% dei contribuenti, era già stata cancellata. I numeri dell’Agenzia dell’Entrate lasciano poco spazio all’immaginazione: al netto degli esentati, il 30% più “povero” paga il 10,9% della Tasi (381 milioni di euro); se il bonus di 80 euro è stato senza dubbio di sostegno alle fasce più deboli (fin li), ma il taglio delle imposte sulla prima casa assomiglia piuttosto a un favore nei confronti dei contribuenti più facoltosi. Soprattutto dopo il la vicenda della riforma del Catasto che – con la rimodulazione della rendite – avrebbe dovuto garantire un Fisco più equo.
Daltronde basta ricordare che questo “punto” era uno dei cavalli dei battaglia del Pdl durante la campagna elettorale del 2013. Di seguire il centrodestra sul suo stesso territorio. Addirittura, nel dicembre 2013, con il cambio di segreteria, il Partito democratico prendeva posizione sul tema con il responsabile economico, Filippo Taddei che diceva: “Il Pd non può passare più tempo a parlare dell’Imu che del Fisco. L’importo medio dell’imposta sulla casa era di 250 euro l’anno, parliamo di 20 euro al mese, senza dimenticare che le fasce più deboli erano già esentate”. Nel frattempo, la situazione è cambiata ancora e la Uil ha calcolato che la l’importo medio della Tasi è sceso a 180 euro l’anno (15 euro al mese). La Cgia fa conteggi simili: la media dei risparmi sarà di 204 euro a famiglia, ma i più ricchi arriveranno a risparmiarne oltre 2000.
Certo in un periodo di crisi anche un piccolo aiuto può alleviare le difficoltà degli italiani. Gli effetti della promessa del governo non sono certo passati inosservati a Bruxelles dove il mese prossimo inizierà l’esame della manovra finanziaria italiana. Ufficialmente non è arrivato alcun commento, ma è chiaro l’Unione europea non ha intenzione di appoggiare il taglio di Tasi e Imu, perché ritiene più urgente agire sull’Irpef e sulle tasse sul lavoro. Un punto di vista condiviso anche dalla Corte dei Conti e da Bankitalia che continuano a inviare segnali d’allarme al governo.
L’analisi sulla cattiva distribuzione del peso fiscale italiano è nota, ma le parole usate dai magistrati contabili nel Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 2015 sono cristalline: “Il confronto con l’Europa segnala una distribuzione dell’onere fiscale che penalizza i fattori produttivi rispetto alla tassazione dei consumi e del patrimonio”. Proprio quello che dice Bruxelles, che chiede a Roma meno tasse sul lavoro e di più su Iva e casa. Il raffronto dell’Italia con il resto della Ue parla chiaro: siamo al primo posto nel prelievo (implicit tax rate) sui redditi da lavoro, sette punti oltre la media, al secondo in quello sui redditi d’impresa (tre volte il livello dell’Irlanda e 10 punti oltre la media).