Accesso ai propri dati bancari: tempistiche e diritti dei correntisti
Ti è mai successo, da cliente, di richiedere dei documenti alla tua banca e imbatterti in resistenze, lungaggini, richieste di compensi inaspettati?
Posto che se ci sono dei documenti che un correntista dovrebbe sempre custodire con la massima cura, quelli sono sicuramente gli estratti conto trimestrali, i contratti di apertura di conti corrente, fideiussioni e atti di pegno, contratti di affidamento e loro variazioni. E soprattutto andrebbero conservati i documenti del profilo di rischio. Ora, quanti di voi, come privati o aziende, lo fa?
La banca è percepita coma una sorta di “archivio personale” che custodisce i documenti e gli atti dei propri clienti e si dà per scontato che possono essere richiesti quando se ne ha necessità. In realtà, sempre più spesso ci si imbatte in un lungo braccio di ferro, rendendo la consegna della documentazione richiesta non solo complessa, ma anche costosa. Spesso il cliente si stanca ed è portato a desistere. Vediamo cosa prevede la normativa.
I clienti di una banca, come è noto, possono richiedere agli istituti di credito tutte le informazioni sulla quantità, qualità, finalità e logica adottata al trattamento, in relazione ai propri dati, così come previsto dagli artt. 7, 8 e 10 del D.Lgs. 196/2003. Trattandosi in particolare di dati relativi ai rapporti bancari, i diritti degli interessati sono regolati e garantiti anche dall’articolo 119 comma 4 del Testo Unico Bancario (TUB): i clienti possono ottenere a proprie spese entro congruo termine, e comunque non oltre 90 giorni dalla richiesta, copia della documentazione relativa ad una o più operazioni effettuate dalla banca. Oltretutto, il diritto all’acquisizione della documentazione, relativa al rapporto bancario, trova fondamento nel principio di buona fede, che è clausola generale di interpretazione e di esecuzione del contratto e fonte di integrazione della regolamentazione negoziale, ai sensi degli artt. 1366, 1375, 1374 c.c. e dall’obbligo di solidarietà (principio costituzionalizzato, art. 2 Costituzione).
Con la pronuncia del 2 agosto 2013, n. 18555, la Cassazione ha confermato che il riscontro alla richiesta dell’interessato ai sensi dell’art. 7, Legge privacy deve essere fornito con la massima tempestività.