Conto corrente Intesa SanPaolo viziato da usura. Annullato il fallimento di una società
Il Tribunale di Milano ha respinto il ricorso di fallimento di una società richiesto dalla banca. Motivo? Conto corrente viziato da usura bancaria. E non è l’unico caso agli atti.
A proporre il fallimento contro una società di servizi di moda, la Major srl, è stata la banca Intesa SanPaolo.
L’azienda, negli ultimi quattro anni, aveva continuato a generare utili, ma gradualmente sono stati ridotti gli affidamenti, fino all’estinzione totale. Intesa SanPaolo ha chiesto il rientro immediato del prestito, e senza verifiche sulla solidità del patrimonio aziendale, ha proposto un’istanza di fallimento.
Il presidente della Major, Guido Dolci, ha deciso di esaminare il conto e si è reso conto di una forte irregolarità: nel periodo di nove mesi intercorso fra la lettera di chiusura del conto e l’istanza di fallimento, il debito ha subito un incremento del 15,5%, che corrisponde al 21% su media annua.
Dolci ha richiesto una perizia del conto. La perizia ha confermato l’esistenza di usura, rilevata in seguito anche su altri conti. La Major srl, così, si è potuta opporre all’istanza di fallimento, respinta poi dal Tribunale di Milano perché il presunto credito vantato da SanPaolo “non può ritenersi adeguatamente provato nel quantum”.
Le due parti sono in disaccordo sul credito vantato dalla banca, che ammonterebbe a un milione di euro, secondo Intesa SanPaolo, e a 322.000 euro secondo la Major srl.
La contestazione di Dolci è stata sostenuta dal giudizio del Tribunale che ha stabilito che l’imprenditore non può essere iscritto alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia con la notazione di “credito litigioso”, eventualità che comporterebbe effetti devastanti e la cui minaccia, spesso, porta gli imprenditori alla completa sottomissione alle banche per paura di essere segnalati.
Troppo spesso, le banche chiedono e ottengono il decreto ingiuntivo contro il proprio cliente, sulla base di estratti conto non certificati, oppure certificati dall’ex art. 50 del Testo Unico Bancario, a evidente favore della banca.
L’istituto bancario, proprio come qualsiasi cittadino, deve provare specificamente il proprio credito.
Nella sentenza si legge: “dalla perizia depositata da Major, nel presente giudizio, risulta un debito della stessa verso la banca per un minor importo (circa 322.000 euro) rispetto a quello contestato (di circa 990.000 euro)”.
Attraverso la perizia, il debito calerebbe quindi a 322.000,00 euro; cifra che la Major srl ha offerto a mezzo assegno circolare alla banca, che, però, ha rifiutato. Il Tribunale ha considerato la contestazione fondata e ha ritenuto valida l’offerta banco judicis delle (sole) restanti somme non contestate. Sarà poi la Corte di merito a stabilire se tali somme non erano dovute per anatocismo o usura, ma di certo il tribunale fallimentare ha ritenuto valida la perizia e certi i conteggi effettuati.
Questo caso è la dimostrazione che i conteggi della banca non sono sempre così trasparenti. E nelle storie di tanti imprenditori e di famiglie indebitate, la banca gioca un ruolo chiave.
Prima di disperare, controllate i vostri conti correnti.
Prima di subire un fallimento, verificate i conti della società, attraverso una perizia. Potreste scoprire che l’istanza di fallimento non ha alcun ragione di sussistere.