Ecco come le banche ci spolpano. Ma questa storia ha un lieto fine.
L’azienda vinicola è in mezzo alla campagna. C’è solo un cartello sbiadito dalle piogge a indicare la stradina dove svoltare. All’interno c’è l’odore buono del legno delle botti, il luccichio dell’alluminio dei silos, il calore di una macchina etichettatrice che lavora a pieno ritmo.
Il proprietario è lui, Carlo. Ha i capelli tutti bianchi. Racconta sempre che non erano così, li aveva neri, invece, fino a “quel giorno”, quando un funzionario della banca gli telefonò e gli disse che gli avevano revocato l’affidamento, doveva “rientrare subito” o lo avrebbero segnalato in Centrale Rischi.
La storia cominciava un po’ di tempo prima, in verità, con un ampliamento dell’azienda. Carlo aveva chiesto l’accesso ai fondi della legge 488/92, e l’aveva ottenuto. Solo che il bando prevedeva che una parte della cifra, quella non coperta dal credito agevolato, fosse coperta da un affidamento bancario.
Carlo, per la verità, un affidamento ce l’aveva già. Pure cospicuo: può capitare che un cliente o due ritardino qualche pagamento e intanto i fornitori reclamano. Così andò dal direttore della sua filiale e gli spiegò la faccenda.
Il direttore preparò la pratica e Carlo tornò in banca a firmare una quaresima di fogli. Poi il progetto decollò. Cominciò l’ampliamento della cantina, arrivò una nuova macchina imbottigliatrice, un’altra macchina per la spremitura soffice delle uve. Le cifre erano consistenti, ma intanto che non arrivavano i fondi della legge 488/92, sopperiva il fido concesso dalla banca. Solo che i fondi non arrivavano. Per un inceppamento burocratico, la pratica di Carlo si era bloccata. Così cominciò il calvario. Gli interessi si moltiplicavano, i conti non quadravano più, poi si aggiunse la crisi e “quel giorno” arrivò la telefonata.
E i capelli bianchi.
E un infarto.
Solo che Carlo era un combattente. Un imprenditore di quelli all’antica, e non poteva far pace con un pensiero fisso, che lo tormentava: perché, proprio nel momento in cui aveva più bisogno dei soldi, la banca gli aveva revocato il fido? Se doveva già fare i salti mortali per pagare gli interessi, come potevano chiedergli di restituire tutto il capitale? Poi, arrivò un’altra telefonata. Quel direttore della sua filiale, quello che ogni volta che Carlo andava in banca insisteva per offrirgli almeno un caffè, lo convocava per “vedere come sistemare l’incresciosa faccenda”. E il modo di sistemare l’incresciosa faccenda era più o meno così: Carlo doveva alla banca una grossa somma, una grossa somma che non aveva, e quindi la banca, per venirgli incontro, gli avrebbe fatto un mutuo sulla casa e così avrebbe ripianato il fido. E lui si sarebbe pagato il mutuo comodamente, a rate, un tanto al mese.
E Carlo pensò di accettare. Solo che qualcosa non gli tornava. Dunque, gli avrebbero fatto un mutuo per pagarsi una somma su cui lui aveva già pagato interessi, e tanti. E sul mutuo c’erano altri interessi. E per giunta la banca avrebbe pure iscritto ipoteca sulla sua casa, la casa da sempre della sua famiglia. Ma quanto gli stava costando quel fido che s’era fatto fare? Chiamò il commercialista, e il commercialista gli disse cosa fare e gli diede un numero di telefono. Lui chiamò.
Oggi Carlo ha sempre tutti i capelli bianchi, ma sorride e anche gli occhi dietro le lenti degli occhiali sorridono. Indica la macchina etichettatrice: “Questa l’ho comprata coi soldi della banca” dice. Accarezza i silos di alluminio con lo sguardo: “Pure questi li ho comprati coi soldi della banca” ride. “E pure questa” indica una pressa enorme. Di nuovo debiti? Ride. Toglie il tappo a un barrique, con l’alzavino preleva un liquido violaceo, lo versa in un calice e lo fa rotolare lungo il cristallo.
“No, nessun altro debito. Quando dico coi soldi della banca intendo con quelli che la banca m’ha ridato indietro.” Alza il bicchiere in un brindisi muto, sorride, aspira il profumo del merlot. Quella telefonata, quel giorno, gli salvò la casa, l’azienda e forse anche la vita. “Al telefono, quel giorno, mi si spalancò un mondo. Cose a cui non avevo mai pensato. Chi va mai a pensare che la banca ti fa la cresta? Io mi fidavo! Li conoscevo tutti, questo è un paese di meno di diecimila anime! Quando telefonai mi chiesero dei documenti. Per fortuna che io conservo qualunque pezzo di carta. Esaminarono tutto. Fecero i conti. Mica solo da quando era successo tutto il marasma. Dall’inizio. E scoprirono che quello che doveva aver soldi ero io, mica loro! Quando mi dissero la cifra per poco non mi prese un altro infarto.”
Carlo s’era preparato perfino a dar battaglia in tribunale. Ma non ce ne fu bisogno. La banca decise di trattare e raggiunsero un accordo. E nel frattempo si sbloccò anche la pratica della legge 488/92 e finalmente arrivarono i fondi.
“Appena si misero in contatto con la banca il direttore ritornò gentile, ossequioso, come ai bei tempi. Se mi incontrava al bar insisteva per offrirmi il caffè, mi chiedeva della mia salute, di mia moglie, dei miei figli e perfino del cane! Io pensavo che mi avrebbe mangiato vivo, e invece mi sbagliavo. Sono stati bravi. Caspita se sono stati bravi! Precisi, competenti, organizzati. E poi, la cosa che m’ha fatto capire che erano le persone giuste è stato vedere come la prendevano a cuore. Come se i soldi li avessero levati a loro. Quando ci accordammo mi resi conto che erano un poco delusi. Felici del risultato, sì, ma un poco delusi. E quando domandai perché fossero delusi, mi risposero che non era mica giusto che questi qui, che sapevano che stavano rubando, se la cavassero così, soltanto restituendo i soldi, senza farsi manco un giorno di galera. E lì capisci che questa è gente con la schiena dritta.”
Con la schiena dritta. Una rarità, in questi tempi di squali. E come si chiamano? Lo dice abbassando di un tono la voce, quasi da cospiratore: “DECIBA”.
DECIBA.
Me lo devo proprio ricordare.
Credo sia meglio rivolgersi a professionisti come Deciba. Io ho terminato di pagare il mutuo lo
Scorso anno. Se dovesse risultare esserci anatocismo posso ancora essere risarcito oppure e’ andato in prescrizione? Grazie per la risposta e buon lavoro
Non è andato in prescrizione. Il mutuo si prescrive dopo 10 anni dalla chiusura del rapporto, quindi dall’ultima rata pagata. Fa ancora in tempo a verificare se il suo contratto era regolare.
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