Ve lo controllate, il resto?
Ve lo controllate, il resto?
Ma voi, ve lo controllate, il resto? Dal fruttivendolo, in farmacia, al supermercato, quando pagate un qualunque acquisto, controllate se il resto è giusto? E se vi hanno dato effettivamente quanto avete chiesto e se ve lo stanno facendo pagare al prezzo esposto? Se, tanto per dire, comprate due etti di prosciutto, tenete d’occhio la bilancia per verificare che non ce ne sia meno, se vi stanno davvero dando il prosciutto che avete chiesto e se il prezzo è quello corretto?
Lo facciamo tutti, in maniera più o meno automatica. Controlliamo i prezzi, la merce, il resto che ci danno. Sempre. O meglio no. Quasi sempre. Ci sono volte in cui non mettiamo neppure in discussione la correttezza di chi abbiamo di fronte. E, stranamente, accade indiscutibilmente nei confronti di chi ci fornisce qualcosa che nella nostra vita ha un gran peso. È probabile, per esempio, che si controlli se la lavanderia ha veramente smacchiato il vestito di seta, ma difficilmente viene in mente di controllare l’operato di un cardiologo. E, nell’economia della vita, il cattivo servizio di una lavanderia non è neppure paragonabile a quello di un medico. Un infarto è decisamente peggio di una macchia di vino rosso.
Si chiama “sudditanza psicologica”, si attiva da sola, senza alcuna consapevolezza da parte nostra. E ci condiziona, senza che neppure ce ne rendiamo conto. Accade di fronte a determinate figure che, nel nostro immaginario, sono detentori di un sapere che noi non possediamo: il medico, il sacerdote, l’avvocato, il commercialista, la banca.
E già, la banca. Perché, bene o male, ci abbiamo a che fare tutti. Per comodità o per necessità. Per accreditare lo stipendio, per un investimento, per il mutuo, per il fido in conto corrente, per un prestito. Ma voi, la banca, la controllate? L’estratto conto che vi mandano a casa, lo leggete mai o date solo un’occhiata veloce al saldo? E il mutuo, lo avete controllato mai? Perché se lo faccio col macellaio, non capisco perché non dovrei farlo con la banca. Anzi, a maggior ragione, ché se il macellaio mi dà la noce invece del girello non mi fa mica lo stesso danno di una banca che mi prende più soldi di quanto dovrebbe?
È la sudditanza psicologica, il pensiero oscuro che “ma t’immagini mica che facciano certe cose?”, la certezza consolatoria e non supportata da verifiche che “certe cose”, di cui si parla sui giornali, succedono sempre e solo “agli altri” e mai a noi. E poi c’è il fatto, mica trascurabile, che un estratto conto di un fido voi lo sapete leggere? Perché l’aramaico è un filo più comprensibile, le colonne di numeri ci destabilizzano, peggio di quando proviamo a capirci qualcosa nelle bollette della luce. E però… proprio perché non ci capiamo niente, è estremamente più facile fregarci, pesare più carta che prosciutto.
Se non sei commercialista, e spesso anche se lo sei, non hai la più vaga idea di cosa sia il TAEG, i numeri debitori, la messa a disposizione fondi, l’indicatore sintetico di costo, il TAN del mutuo. Io ci ho messo sei mesi a capire che il CID è la costatazione amichevole in caso di incidente d’auto! E non sai nemmeno se poi, quello che ti hanno detto, e magari scritto nel contratto, sia poi quello che ti hanno dato sul serio oppure no. Non è una cosa che si può fare “tenendo d’occhio la bilancia”, come dal macellaio. Se ti danno più carta che prosciutto, non lo sai. Come non puoi sapere se il cardiologo che ti dice “è un’angina” non si stia magari sbagliando ed è un’ernia iatale. Perché se non è un’angina e tu prendi la digitale, qualche contraccolpo serio ce l’hai. Io, in casi seri, chiedo un consulto, voglio sentire un altro parere. Magari mi conferma la diagnosi e mi metto il cuore in pace. O magari no, e allora sono necessarie altre indagini, altri esami. Ma voi, se avete un male al cuore, lo volete sapere o no cos’avete davvero?
Allora, sapete che c’è? Per la banca io mi rivolgo “a un altro medico”, cerco uno specialista che me la controlli. Tanto per stare tranquilli, come quegli esami del sangue che si fanno una volta l’anno per verificare che sia tutto a posto. Perché, nel caso che non è “tutto a posto”, io lo voglio sapere. Se mi ha dato più carta che prosciutto, io lo voglio sapere. E lo voglio sapere nei dettagli. Perché essere presi per il bavero non piace a nessuno e nel novero di quelli che “si sono fatti fregare” di cui parlano i giornali è meglio non esserci. E magari voglio anche sapere quanto “non è a posto”. Se mi hanno fatto la cresta, voglio sapere quanto, voglio che me lo rendano con gli interessi, le penali, gli aggravi.
Certo che me la faccio controllare, la banca! Perché a pensar male si fa peccato, sì, ma quasi sempre ci si azzecca!